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Taijiquan, qigong e rischio di cadute nell'anziano

27/2/2017

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Foto
di Francesco Corsi, chinesiologo
Sappiamo tutti benissimo che uno dei più grandi problemi dell’anziano sia il rischio cadute, rischio che lo espone conseguentemente a tutta una serie di pericoli, compresa la morte. L’aumento di peso e la diminuzione di efficienza biomeccanica che si verificano con l’invecchiamento, portano ad un aumento del consumo di energia e le frequenti disabilità fisiche (artrosi, artriti, lesioni neurologiche, amputazioni) impediscono i normali movimenti, rendendo le persone meno attive che contrastano questo fenomeno con tendenza alla riduzione del consumo di energia 1 (Macchi C. et.al. 2007). In definitiva si instaura un circolo vizioso che porta l’anziano a risparmiare energia attraverso la sedentarietà; aspetto che ne pregiudica la qualità di vita. La paura di cadere è infatti una delle maggiori preoccupazioni di salute tra gli anziani residenti in una comunità 2 (Auais M. et. al., 2017). Questa è l’effetto di tutta una serie fisiologica di reazioni che avvengono nell’organismo man mano che questo invecchia. Fra tutte, quella che è indicata genericamente con il concetto di fragilità dell’anziano; fragilità che è dettata sostanzialmente da due grosse condizioni: la sarcopenia (diminuzione della massa muscolare) e l’osteoporosi (rarefazione dell’osso). Ovviamente a queste vanno aggiunte tutta un’altra serie di problematiche tra cui una ritardata capacità di risposta neuro – muscolare (tempi di reazione), un deficit di controllo propriocettivo (ridotta capacità di percezione conscia e inconscia della posizione articolare), una minor acuità visiva ecc. Per quanto riguarda la sarcopenia una meta analisi 3 (Beaudart C. et. al., 2017) rivela come questa sia associata a diversi esiti nocivi (declino funzionale, maggior tasso di cadute, maggior incidenza di ospedalizzazione), rendendo questa sindrome geriatrica un vero e proprio problema di sanità pubblica. Tuttavia, tra i vari studi in merito, uno 4 (Frank-Wilson AW. et. al., 2016) mette in relazione l’incremento della densità muscolare con il rischio cadute, evidenziando come ad un incremento del volume muscolare corrisponda una diminuzione del tasso di caduta fino al 19%. Una delle maggiori complicanze derivanti dalle cadute è la frattura del collo del femore: essa rappresenta un incremento del tasso di mortalità e disabilità oltre ad avere ripercussioni enormi sulle risorse sanitarie. L’osteoporosi, insieme ad altri fattori di rischio, è fattore di rischio imminente (12-24 mesi) per esito di frattura 5 (Bonafede M. et. al., 2016). In questo senso, ottimizzare la salute delle ossa, nonché la prevenzione delle cadute, dovrebbe essere considerata come strategia per ridurre le fratture nelle persone anziane e fragili 6 (Cook MJ. Et. al., 2016). Purtroppo, sappiamo bene che nella nostra società, la persona anziana tende ad essere una persona esclusa quando invece sarebbe di fondamentale importanza coinvolgerla in un percorso attivo che vada a valorizzare ed incrementare le sue capacità residue sia da un punto di vista fisico che come vero e proprio valore storico esperienziale.
Spesso uno dei limiti che la persona si impone riguarda proprio il concetto di età: frasi come “non ho più l’età” sono purtroppo molto presenti nella nostra società. Questo perché si pensa in termini di età anagrafica quando invece esiste un altro parametro definito età biologica. Quest’ultima corrisponde al grado di funzionamento dell’intero organismo che è indipendente dall’età anagrafica. Ed in questo senso, non è una novità poter vedere persone giovani mostrare seri limiti di movimento e persone anziane ancora in gran forma.
Fermo restando che sono veramente numerose le casistiche scientifiche che evidenziano come l’esercizio possa aiutare la persona anziana nell’essere il più autonoma possibile allontanando il pericolo di caduta, andiamo a vedere cosa ci dice la ricerca riguardo le arti orientali. In uno studio 7 (Yildirim P. et. al., 2016) vengono messi a confronto esercizi della categoria Taiji con una prescrizione di esercizi combinati con l’obiettivo di monitorare cambiamenti riguardo l’equilibrio statico, l’equilibrio dinamico, la paura di cadere e l’umore. Premettendo che entrambi i gruppi hanno mostrato principalmente miglioramenti nel bilanciamento dinamico (Berg balance scale), si è notato un miglioramento più importante nel gruppo Taiji per quello che riguarda il Single leg – stance – eyes open (equilibrio statico su una gamba ad occhi aperti) e nell’indagine delle attività e paure nella caduta dell’anziano (indicato con l’acronimo SAFFE), concludendo che il Taiji si può rivelare una strategia di intervento ancora più efficace per quello che riguarda le cadute nell’anziano.
Parametri legati al miglioramento del cammino derivanti da un incremento di equilibrio legato al Taiji è possibile trovarli in altri quattro studi 8,9,10,11 (Hass CJ, Hackney ME, Wayne PM, McGibbon CA) nei quali viene evidenziato come forza e flessibilità siano essenziali ai fini della prevenzione delle cadute. Pochi sono gli studi invece, rispetto al Taiji, che mettono in relazione esercizi di Qi Gong con il rischio cadute; tuttavia uno studio pilota  12 (Gonzalez Lopez – Arza MV et. al., 2013) evidenzia come la somministrazione di Qi Gong 2 volte la settimana per 4 settimane, in giovani donne sane, possa migliorare l’equilibrio calcolato attraverso test di stabilometria.
Su un piccolo campione 12 (Wu G., 2012)  viene evidenziato come in praticanti di Taiji il tempo di preparazione al cammino ed il tempo di contatto al suolo del piede sia più breve oltre ad avere una migliore gestione nel passo indietro; aspetti che evidenziano un maggior potenziale nella capacità di recupero posturale in condizioni di potenziale pericolo di caduta. Un altro studio 13 (Mao DW, Hong Y, Li JX, 2006) ha evidenziato attraverso una video analisi come i passi e le direzioni che si svolgono in una forma di Taiji possano essere di grande stimolo nel simulare le sfide che il cammino impone nella vita quotidiana.
Da quest’ultimo caso è possibile estrapolare il principio del pieno e del vuoto che rappresentano una costante della filosofia cinese (teoria yin – yang). Camminare o spostarsi lentamente, prendendo coscienza dell’arto che si svuota e dell’arto che si riempie, rappresentano un lavoro di straordinaria consapevolezza che l’individuo esercita sul proprio modo di interagire con l’ambiente circostante. Ancora una volta le caratteristiche di queste arti rendono merito della loro somministrazione come strategia terapeutica di intervento: la lentezza ha il grande merito di esasperare il controllo propriocettivo, il controllo extrapiramidale (cosa che peraltro ne evidenzia l’importante effetto in patologie neurodegenerative come il Parkinson) e la costante ricerca di equilibrio senza stressare le articolazioni. La completezza di queste discipline con forti stimoli legati all’equilibrio, alla coordinazione, alla gestione dello spazio, alla connessione corpo – mente e molte altre caratteristiche ancora ne fanno delle attività orientate sull’intero sistema essere umano.
In conclusione, tornare consapevoli di uno schema motorio che è estremamente facile dare per scontato, per il semplice fatto che lo si compie sempre, è un atto di grande saggezze e intelligenza.

Proprio in virtù di quest’ultimo pensiero riporto una frase di Confucio:
“Chi torna per la vecchia strada per imparare il nuovo, può essere considerato un Maestro”
 

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