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hERPES ZOOSTER IN MEDICINA CINESE

15/11/2018

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Detto anche Fuoco di sant’Antonio
Si tratta di una infezione virale a carico di terminazioni nervose, di solito che originano dal rachide, e che possono interessare quindi qualsiasi settore della colonna vertebrale. Le conseguenze somatiche sono quindi a carico dei vari dermetomeri interessati dall’infezione. Le manifestazioni sono caratterizzate da eruzioni vescicolari dolorose. Queste manifestazioni sono caratteristicamente unilaterali e si distribuiscono “a grappolo”. Le vescicole contengono un liquido chiaro e tendono a riassorbirsi o a desquamarsi nel giro di 7-10 giorni. Di solito la malattia conferisce una immunità e la recidiva è pertanto rara. I dolori post erpetici possono però persistere per mesi o persino per anni, ed andare incontro a periodi di remissione per poi riacutizzarsi.
Secondo la medicina tradizionale cinese, le cause del meccanismo fanno riferimento a quadri di disequilibrio energetico, che in sostanza rappresntano un codice per inquadrare lo stato della persona in riferimento a quato tipo di manifestazione. Tutto sommato quello che in medicina occidentale chiameremmo come un “abbassamento delle difese immunitarie”. Infatti la regola generale delle esposizioni ai virus (i fattori patogeni della MTC) è riferita o ad una eccessiva esposizione al contagio, o ad un calo delle difese immunitarie; dato che in questo caso si tratta di un virus cosiddetto “ubiquitario”, anche nella medicina cinese si fa riferimento ad una condizione che predispone il paziente alla malattia, che si tratti di un cambio di stagione, di un precedente stato di debolezza, di una pregressa malattia o per l’uso di alcuni farmaci.
I quadri sindromici a cui fa riferimento la medicina cinese sono:
Fuoco di fegato: questo quadro è determinato da condizioni di calo delle difese immunitarie provocato da disturbi emozionali. La condizione della stasi del Qi porta alla trasformazione in “calore”, che si dirige verso la pelle.
Umidità-calore nella milza: questo quadro è determinato dal deficit di Qi di milza, condizione abbastanza comune, che può originare da diverse condizioni, sia alimentari, che tossiniche, detrminando un accumulo di “umidità” nell’organismo che tende a sviluppare il calore che si propaga anche in questo caso verso l’esterno. Questo quadro giustifica la presenza delle vescicole e delle chiazze di arrossamento cutaneo.
Stasi di Qi e sangue: riguarda in generale la sfera del dolore, ma caratterizza anche i sintomi che permangono dopo il momento acuto virale, che sono di tipo nevralgico e di tipo ipo- o iper- estesico (alterazioni della sensibilità).
Il trattamento con la medicina cinese riguarda l’uso di alcuni fitoterapici, come l’Angelica, Rehmania, Peoniae, ecc. in opportune formulazioni. L’agopuntura risulta notevolmente efficace per il trattamento della fase acuta e dei sintomi post-erpetici. La moxibustione è efficace per il trattamento dei sintomi acuti. La coppettazione risulta efficace nei primissimi momenti della sindrome, ma occorre fare attenzione particolare al momento in cui compaiono le vescicole.
Dott. Mario Picconi

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Taijiquan, qigong e rischio di cadute nell'anziano

27/2/2017

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di Francesco Corsi, chinesiologo
Sappiamo tutti benissimo che uno dei più grandi problemi dell’anziano sia il rischio cadute, rischio che lo espone conseguentemente a tutta una serie di pericoli, compresa la morte. L’aumento di peso e la diminuzione di efficienza biomeccanica che si verificano con l’invecchiamento, portano ad un aumento del consumo di energia e le frequenti disabilità fisiche (artrosi, artriti, lesioni neurologiche, amputazioni) impediscono i normali movimenti, rendendo le persone meno attive che contrastano questo fenomeno con tendenza alla riduzione del consumo di energia 1 (Macchi C. et.al. 2007). In definitiva si instaura un circolo vizioso che porta l’anziano a risparmiare energia attraverso la sedentarietà; aspetto che ne pregiudica la qualità di vita. La paura di cadere è infatti una delle maggiori preoccupazioni di salute tra gli anziani residenti in una comunità 2 (Auais M. et. al., 2017). Questa è l’effetto di tutta una serie fisiologica di reazioni che avvengono nell’organismo man mano che questo invecchia. Fra tutte, quella che è indicata genericamente con il concetto di fragilità dell’anziano; fragilità che è dettata sostanzialmente da due grosse condizioni: la sarcopenia (diminuzione della massa muscolare) e l’osteoporosi (rarefazione dell’osso). Ovviamente a queste vanno aggiunte tutta un’altra serie di problematiche tra cui una ritardata capacità di risposta neuro – muscolare (tempi di reazione), un deficit di controllo propriocettivo (ridotta capacità di percezione conscia e inconscia della posizione articolare), una minor acuità visiva ecc. Per quanto riguarda la sarcopenia una meta analisi 3 (Beaudart C. et. al., 2017) rivela come questa sia associata a diversi esiti nocivi (declino funzionale, maggior tasso di cadute, maggior incidenza di ospedalizzazione), rendendo questa sindrome geriatrica un vero e proprio problema di sanità pubblica. Tuttavia, tra i vari studi in merito, uno 4 (Frank-Wilson AW. et. al., 2016) mette in relazione l’incremento della densità muscolare con il rischio cadute, evidenziando come ad un incremento del volume muscolare corrisponda una diminuzione del tasso di caduta fino al 19%. Una delle maggiori complicanze derivanti dalle cadute è la frattura del collo del femore: essa rappresenta un incremento del tasso di mortalità e disabilità oltre ad avere ripercussioni enormi sulle risorse sanitarie. L’osteoporosi, insieme ad altri fattori di rischio, è fattore di rischio imminente (12-24 mesi) per esito di frattura 5 (Bonafede M. et. al., 2016). In questo senso, ottimizzare la salute delle ossa, nonché la prevenzione delle cadute, dovrebbe essere considerata come strategia per ridurre le fratture nelle persone anziane e fragili 6 (Cook MJ. Et. al., 2016). Purtroppo, sappiamo bene che nella nostra società, la persona anziana tende ad essere una persona esclusa quando invece sarebbe di fondamentale importanza coinvolgerla in un percorso attivo che vada a valorizzare ed incrementare le sue capacità residue sia da un punto di vista fisico che come vero e proprio valore storico esperienziale.
Spesso uno dei limiti che la persona si impone riguarda proprio il concetto di età: frasi come “non ho più l’età” sono purtroppo molto presenti nella nostra società. Questo perché si pensa in termini di età anagrafica quando invece esiste un altro parametro definito età biologica. Quest’ultima corrisponde al grado di funzionamento dell’intero organismo che è indipendente dall’età anagrafica. Ed in questo senso, non è una novità poter vedere persone giovani mostrare seri limiti di movimento e persone anziane ancora in gran forma.
Fermo restando che sono veramente numerose le casistiche scientifiche che evidenziano come l’esercizio possa aiutare la persona anziana nell’essere il più autonoma possibile allontanando il pericolo di caduta, andiamo a vedere cosa ci dice la ricerca riguardo le arti orientali. In uno studio 7 (Yildirim P. et. al., 2016) vengono messi a confronto esercizi della categoria Taiji con una prescrizione di esercizi combinati con l’obiettivo di monitorare cambiamenti riguardo l’equilibrio statico, l’equilibrio dinamico, la paura di cadere e l’umore. Premettendo che entrambi i gruppi hanno mostrato principalmente miglioramenti nel bilanciamento dinamico (Berg balance scale), si è notato un miglioramento più importante nel gruppo Taiji per quello che riguarda il Single leg – stance – eyes open (equilibrio statico su una gamba ad occhi aperti) e nell’indagine delle attività e paure nella caduta dell’anziano (indicato con l’acronimo SAFFE), concludendo che il Taiji si può rivelare una strategia di intervento ancora più efficace per quello che riguarda le cadute nell’anziano.
Parametri legati al miglioramento del cammino derivanti da un incremento di equilibrio legato al Taiji è possibile trovarli in altri quattro studi 8,9,10,11 (Hass CJ, Hackney ME, Wayne PM, McGibbon CA) nei quali viene evidenziato come forza e flessibilità siano essenziali ai fini della prevenzione delle cadute. Pochi sono gli studi invece, rispetto al Taiji, che mettono in relazione esercizi di Qi Gong con il rischio cadute; tuttavia uno studio pilota  12 (Gonzalez Lopez – Arza MV et. al., 2013) evidenzia come la somministrazione di Qi Gong 2 volte la settimana per 4 settimane, in giovani donne sane, possa migliorare l’equilibrio calcolato attraverso test di stabilometria.
Su un piccolo campione 12 (Wu G., 2012)  viene evidenziato come in praticanti di Taiji il tempo di preparazione al cammino ed il tempo di contatto al suolo del piede sia più breve oltre ad avere una migliore gestione nel passo indietro; aspetti che evidenziano un maggior potenziale nella capacità di recupero posturale in condizioni di potenziale pericolo di caduta. Un altro studio 13 (Mao DW, Hong Y, Li JX, 2006) ha evidenziato attraverso una video analisi come i passi e le direzioni che si svolgono in una forma di Taiji possano essere di grande stimolo nel simulare le sfide che il cammino impone nella vita quotidiana.
Da quest’ultimo caso è possibile estrapolare il principio del pieno e del vuoto che rappresentano una costante della filosofia cinese (teoria yin – yang). Camminare o spostarsi lentamente, prendendo coscienza dell’arto che si svuota e dell’arto che si riempie, rappresentano un lavoro di straordinaria consapevolezza che l’individuo esercita sul proprio modo di interagire con l’ambiente circostante. Ancora una volta le caratteristiche di queste arti rendono merito della loro somministrazione come strategia terapeutica di intervento: la lentezza ha il grande merito di esasperare il controllo propriocettivo, il controllo extrapiramidale (cosa che peraltro ne evidenzia l’importante effetto in patologie neurodegenerative come il Parkinson) e la costante ricerca di equilibrio senza stressare le articolazioni. La completezza di queste discipline con forti stimoli legati all’equilibrio, alla coordinazione, alla gestione dello spazio, alla connessione corpo – mente e molte altre caratteristiche ancora ne fanno delle attività orientate sull’intero sistema essere umano.
In conclusione, tornare consapevoli di uno schema motorio che è estremamente facile dare per scontato, per il semplice fatto che lo si compie sempre, è un atto di grande saggezze e intelligenza.

Proprio in virtù di quest’ultimo pensiero riporto una frase di Confucio:
“Chi torna per la vecchia strada per imparare il nuovo, può essere considerato un Maestro”
 

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Taijiquan, Qigong e malattie autoimmuni

23/1/2017

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di Francesco Corsi, kinesiologo
Oggi andiamo a parlare di come le discipline orientali del Taiji e del Qi Gong possono essere di aiuto nel contrastare quelle patologie definite di carattere autoimmune, ovvero dove il sistema immunitario si comporta, invece che come uno strumento di difesa dell’organismo, come uno strumento di offesa arrivando a danneggiare anche seriamente l’integrità dell’organismo stesso. Il fenomeno dell’autoimmunità è decisamente più presente nelle donne rispetto agli uomini: per alcune malattie autoimmuni, come le tiroiditi, il rapporto femmina – maschio è 20 a 1 1 (Francesco Bottaccioli, 2005)
Ma prima di passare in rassegna quelli che sono gli studi in merito, è opportuno fare una brevissima premessa sul Taiji e sul Qi Gong; queste discipline sono diverse solo da un punto di vista formale e non nella sostanza. Chi le pratica sa benissimo che i punti di lavoro  sono strettamente interconnessi e che una pratica di Taiji richiede una pratica anche del Qi Gong. Pertanto l’oggetto di studio e di indagine è lo stesso: questo è talmente vero che è stata proposta una nuova categoria di esercizio per la salute che va sotto il nome di Meditative Movement (includente, oltre al Taiji e al QI Gong, anche lo Yoga e il Pranayama)2 (Larkey L, Jahnke R, Etnier J, Gonzalez J. 2009). La seguente categoria, secondo gli stessi autori, presenta delle caratteristiche specifiche:
 
Una qualche forma di movimento o posizione del corpo; Attenzione focalizzata sulla respirazione; Una ricerca di calma mentale; Uno stato di profondo rilassamento.  
Nelle malattie autoimmuni, quali ad esempio artrite reumatoide, lupus, sclerosi multipla, si registra un’anomala reazione infiammatoria dell’organismo. L’infiammazione è infatti il processo che innesca la reazione immunitaria; elemento quindi indispensabile per contrastare gli agenti patogeni (virus, batteri). L’infiammazione quindi di per sé è una risposta necessaria e vitale per l’organismo. Ciò che davvero conta diviene il controllo, la modulazione della risposta immunitaria.
La prima ondata infiammatoria è ad opera di sostanze già largamente disponibili: istamina , serotonina, bradichinina e fattore attivante le piastrine rappresentano il processo stesso dell’infiammazione. L’istamina rappresenta un potente vasodilatatore. La serotonina, per la sua azione sul sistema nervoso, può determinare alterazioni quali nausea e performance cognitiva oltre che ad influenzare l’umore. Il fattore attivante le piastrine stimola le cellule immunitarie a produrre mediatori dell’infiammazione (leucotrieni), innescando così un circolo vizioso.
Fino ad ora abbiamo visto chi sono i principali attori dell’infiammazione. Ma chi o cosa la innesca? Quali sono i mediatori chimici che la determinano? Sono le citochine, le quali rappresentano le parole con cui il corpo comunica. Tra queste, in senso prettamente infiammatorio, spiccano la cosiddetta interleuchina 1 (IL1), l’IL6 e il TNF (tumor necrosis factor o fattore di necrosi tumorale). L’IL1 si presenta come la più potente citochina infiammatoria, capace di penetrare la barriera emato – encefalica, stimolando il cervello a rilasciare prostaglandine (PGE2). In questo modo viene dimostrato come l’infiammazione possa arrivare fin dentro il cervello 3 (M. Ek et. al., 2001). Inoltre l’IL1 si dimostra un amplificatore della risposta infiammatoria, andando a stimolare la produzione di altre citochine infiammatorie come la IL6. Il TNF invece agisce come segnalatore multiplo dell’infiammazione e viene attivato da diversi fattori quali IL1, radicali liberi, tumori (da cui il nome), mediatori dell’infiammazione. Una sua sovrapproduzione è in grado di attivare l’asse ipotalamo – ipofisi – surrene (conosciuto anche come asse dello stress) con conseguente produzione di cortisolo. E proprio a proposito di stress, questo è altamente correlato con la risposta infiammatoria in quanto, lo stress cronico, porta ad un’azione immunosoppressiva e facilita le reazioni infiammatorie. In condizioni acute invece lo stress può migliorare la risposta immunitaria 4 (Dhabhar F.S., 2009). Persone affette da lupus eritematoso sistemico (LES) hanno mostrato un peggioramento della sintomatologia in concomitanza di eventi stressanti (stress quotidiano); peggioramento che si protrae per qualche giorno e misurabile attraverso parametri immunitari 5 (Peralta-Ramírez MI et. al., 2004). È altrettanto vero che, se sottoposte a programmi anti stress, le persone affette da LES mostrano un significativo miglioramento di tutti i parametri studiati sia a livello di dolore che di funzione fisica e psicologica 6 (Greco CM et. al., 2004).
La pratica del Qi Gong e del Taijiquan ha il fondamentale effetto di modulare la risposta infiammatoria, diminuendo l’attivazione dell’asse dello stress che, come abbiamo visto, porta a effetti soppressivi sull’immunità e favorisce ed incrementa il processo infiammatorio. Regola quindi il rilascio delle citochine infiammatorie e rinforza l’azione delle immunoglobuline e delle natural killer, migliorando quindi nel complesso la funzione immunitaria e riducendo il profilo infiammatorio 7 (Roger Jahnke et. al., 2010). Un altro studio 8 (A. Han et. al., 2004) riporta un netto miglioramento della qualità del movimento riferito agli arti inferiori (anca e caviglia) nelle persone colpite da artrite reumatoide evidenziando come la pratica del Taiji si riveli di grande beneficio nel contrastare gli effetti della malattia.
Inoltre l’artrite reumatoide si comporta come ulteriore fattore di rischio per problematiche cardiovascolari: è suggerito che la pratica del Taiji migliora la disfunzione endoteliale e la rigidità arteriosa nelle donne anziane con artrite reumatoide, suggerendo che può essere una strategia comportamentale utile per la prevenzione cardiovascolare nei pazienti con artrite reumatoide 9 (Shin JH et. al., 2015)
In conclusione, la ricerca ha dimostrato risultati costanti e significativi per una serie di benefici per la salute in RCT, evidenziando i progressi verso il riconoscimento della similarità e l'equivalenza tra il Taiji ed il Qi Gong 10 (Roger Jahnke et al, 2010), considerando comunque la difficoltà dell’apprendimento di queste pratiche; aspetto che ha portato a creare modelli semplici di movimento e che quindi rischiano di spogliare del reale effetto benefico, comunque riconosciuto, le stesse discipline. In questo senso i miglioramenti ed i benefici diventano direttamente proporzionali alla qualità (corretto apprendimento) ed alla quantità (frequenza) della pratica.
Finisco questo articolo riportando un proverbio della medicina tradizionale cinese che ci ricorda quanto sia importante mantenere il corpo in movimento: “Lì dove scorre la linfa che dà la vita, i vermi non mangeranno il legno vivo. Se i cardini sono usati ogni giorno, la ruggine non impedirà l’apertura di un cancello. Il movimento dona salute e vita. La stagnazione porta malattia e morte”.
 
Riferimenti:
1 Francesco Bottaccioli, Psiconeuroendocrinoimmunologia, I fondamenti scientifici delle relazioni mente – corpo. Le basi razionali della medicina integrata, Edizioni Red, 2005
2 Larkey L, Jahnke R, Etnier J, Gonzalez J, J Phys Act Health. 2009 Mar;6(2):230-8
3 M. Ek et. al., Inflammatory response: pathway across the blood-brain barrier, Nature,    2001; 410 4 Dhabhar F.S., Enhancing versus Suppressive Effects of Stress on Immune Function: Implications for Immunoprotection and Immunopathology, Neuroimmunomodulation, 2009 5 Peralta-Ramírez MI et. al., The effects of daily stress and stressful life events on the clinical symptomatology of patients with lupus erythematosus, Psychosomatic Medicine, 2004 6 Greco CM et. al., Effects of a stress-reduction program on psychological function, pain, and physical function of systemic lupus erythematosus patients: a randomized controlled trial, Arthritis Rheumatoid, 2004 7 Roger Jahnke et. al., A Comprehensive Review of Health Benefits of Qigong and Tai Chi, Am J Health Promot, 2010 8 A. Han et. al., Tai chi for treating rheumatoid arthritis, Cochrane database systematics rewiev, 2004 9  Shin JH et. al., The beneficial effects of Tai Chi exercise on endothelial function and arterial stiffness in elderly women with rheumatoid arthritis, Arthritis Res Ther. 2015 10 Roger Jahnke et. al., A Comprehensive Review of Health Benefits of Qigong and Tai Chi, American Journal of Health Promotion, 2010

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Prevenzione e cura in agopuntura

25/2/2016

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Molte persone hanno sperimentato gli effetti positivi del trattamento con l'agopuntura su svariate patologie e vari tipi di disturbi. Una domanda che spesso viene posta all'agopuntore è quante sedute occorrono e quanto durerà la terapia. Orientativamente esiste un numero di sedute, un ciclo di agopuntura è composto da un numero non prastabilito ma personalizzato di sedute, sulla base dell'entità e del tipo del disturbo; e si tratta di cicli brevissimi di 4-5 applicazioni a cicli brevi di circa 6-8 applicazioni e un ciclo completo di 10 sedute. La frequenza con cui questi trattamenti possono essere fatti è settimanale o bisettimanale o anche di più, a seconda del tipo di situazione e della possibilità di risposta individuale.
Successivamente è possibile fare dei richiami, solitamente dopo un periodo di pausa di un paio di settimane o 3, tutto sempre calcolato in base alla patologia del paziente e della sua capacità/possibilità di risposta alla terapia; nell'ambito del primo ciclo solitamente si ottengono risultati evidenti. In seguito, la fase di richiamo consiste di 4-5 applicazioni, anche queste temporizzate sulla base della condizione del soggetto, ma in genere vanno distribuite nell'ambito della settimana. Questo complessivamente rappresenta un ciclo di agopuntura:  un insieme di trattamenti, una pausa e un richiamo.
Successivamente è possibile o interrompere il trattamento o continuare facendo richiami temporizzati mensilmenteo ogni 3 settimane. Questi richiami hanno una grossa potenzialità, quella di mantenere l'organismo sotto un effetto memoria, praticamente per  l'organismo un tempo di trattamento di 3 settimane corrisponde a mantenere l’80-90% dell'efficacia raggiunta dal trattamento durante un certo periodo di tempo; questa è rappresentata dalla tendenza dell'organismo a mantenere un effetto  memoria.
Nella mia filosofia di lavoro subentrano pratiche di tipo fisico-energetico, come Qigong e Taijiquuan, che io cerco di far condividere ai miei  pazienti, sia miei allievi che allievi altrui, questi trattamenti nascono come parte importante della terapia con la medicina cinese. In Cina esistono centri di riabilitazione e fisioterapia basati su Qigong e Taiji,; ci sono migliaia di casi studio sia  in ambito del trattamento di certe patologie sia in ambito del mantenimento di una forma fisica e qualità energetica molto elevata.
Quindi le prospettive si intersecano.
Oltre questi due fattori, mantenimento della terapia e una pratica fisica salutare è opportuno anche attuare cambiamenti nell'alimentazione, del tipo più sana e equilibrata magari anche in riferimento alla medicina cinese. Nell’insieme usare strumenti che si occupano della componente energetica (agopuntura), di quella muscolo-scheletrica (qigong e taijiquan) e di quella metabolica, dietetica, risulta ragionevolmente utile non solo al miglioramento della salute, ma al mantenimento di una alta qualità della vita.
Dott. Mario Picconi


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