![]() Detto anche Fuoco di sant’Antonio Si tratta di una infezione virale a carico di terminazioni nervose, di solito che originano dal rachide, e che possono interessare quindi qualsiasi settore della colonna vertebrale. Le conseguenze somatiche sono quindi a carico dei vari dermetomeri interessati dall’infezione. Le manifestazioni sono caratterizzate da eruzioni vescicolari dolorose. Queste manifestazioni sono caratteristicamente unilaterali e si distribuiscono “a grappolo”. Le vescicole contengono un liquido chiaro e tendono a riassorbirsi o a desquamarsi nel giro di 7-10 giorni. Di solito la malattia conferisce una immunità e la recidiva è pertanto rara. I dolori post erpetici possono però persistere per mesi o persino per anni, ed andare incontro a periodi di remissione per poi riacutizzarsi. Secondo la medicina tradizionale cinese, le cause del meccanismo fanno riferimento a quadri di disequilibrio energetico, che in sostanza rappresntano un codice per inquadrare lo stato della persona in riferimento a quato tipo di manifestazione. Tutto sommato quello che in medicina occidentale chiameremmo come un “abbassamento delle difese immunitarie”. Infatti la regola generale delle esposizioni ai virus (i fattori patogeni della MTC) è riferita o ad una eccessiva esposizione al contagio, o ad un calo delle difese immunitarie; dato che in questo caso si tratta di un virus cosiddetto “ubiquitario”, anche nella medicina cinese si fa riferimento ad una condizione che predispone il paziente alla malattia, che si tratti di un cambio di stagione, di un precedente stato di debolezza, di una pregressa malattia o per l’uso di alcuni farmaci. I quadri sindromici a cui fa riferimento la medicina cinese sono: Fuoco di fegato: questo quadro è determinato da condizioni di calo delle difese immunitarie provocato da disturbi emozionali. La condizione della stasi del Qi porta alla trasformazione in “calore”, che si dirige verso la pelle. Umidità-calore nella milza: questo quadro è determinato dal deficit di Qi di milza, condizione abbastanza comune, che può originare da diverse condizioni, sia alimentari, che tossiniche, detrminando un accumulo di “umidità” nell’organismo che tende a sviluppare il calore che si propaga anche in questo caso verso l’esterno. Questo quadro giustifica la presenza delle vescicole e delle chiazze di arrossamento cutaneo. Stasi di Qi e sangue: riguarda in generale la sfera del dolore, ma caratterizza anche i sintomi che permangono dopo il momento acuto virale, che sono di tipo nevralgico e di tipo ipo- o iper- estesico (alterazioni della sensibilità). Il trattamento con la medicina cinese riguarda l’uso di alcuni fitoterapici, come l’Angelica, Rehmania, Peoniae, ecc. in opportune formulazioni. L’agopuntura risulta notevolmente efficace per il trattamento della fase acuta e dei sintomi post-erpetici. La moxibustione è efficace per il trattamento dei sintomi acuti. La coppettazione risulta efficace nei primissimi momenti della sindrome, ma occorre fare attenzione particolare al momento in cui compaiono le vescicole. Dott. Mario Picconi
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![]() Quali sono gli strumenti per diagnosticare la fibromialgia? La necessità di potersi avvalere di strumenti capaci di diagnosticare la fibromialgia esiste da oltre vent’anni. Le cause di tale sindrome sono controverse e diversi paesi hanno stilato linee guida comuni per affrontare questa difficoltà. La valutazione rimane puramente clinica e ci si avvale di scale di valutazione per misurare l’intensità e la qualità dei disturbi. Nella gran parte dei casi la presenza di fibromialgia può essere stabilta da (Hauser W. 2017):
Esistono test di laboratorio specifici per diagnosticare la fibromialgia? Al giorno d’oggi non esistono ancora test o esami specifici che ci permettano di diagnosticare la fibromiaglia. I test di laboratorio sono richiesti per escludere possibili patologie come artrite reumatoide, polimialgia reumatica, ipotiroidismo ecc che giustifichino i sintomi. Gli esami principalmente richiesti sono la proteina C reattiva, la vitamina D, il calcio sierico, l’ormone tireostimolante e la VES (velocità di eritrosedimentazione) (Fitzcharles MA 2013). Quali sono le scale di valutazione utilizzate per la fibromialgia? Le ultime revisioni (Wolfe F. 2016) hanno permesso di costruire criteri più specifici per diagnosticare la fibromialgia utilizzando due specifiche scale autosomministrate: la Widespread Pain Index (WPI) e la Symptom Severity Score (SSS). Queste devono presentare tra le 4 alle 6 regioni di dolore e almeno 4 di 5 con dolore diffuso. Gli ultimi criteri diagnostici stilati negli ultimi anni (ACR) insieme a questa revisione hanno elimnato i tender points come specifico criterio diagnostico. Quali trattamenti manuali sono possibili per trattare la fibromialgia? Le linee guida attuali indicano di utilizzare terapie personalizzate e integrate verso le esigenze sintomatiche del paziente, che appartengano o meno alla medicina tradizionale. Il tui na è una modalità di trattamento della antica medicina tradizionale cinese volta a dare maggiore energia alla persona e attenuare il senso di fatica e i sintomi associati. Il massaggio dolce ed armonioso permette un rilassamento profondo delle strutture muscoloscheletriche e nel tempo una differente percezione del dolore. Quest’ultimo potrà migliorare sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. La riflessologia auricolare è una tecnica specifica molto utile nel gestire la componente psicologica della sofferenza. Ansia, depressione e irritabilità sono sintomi molto comuni che accompagnano il dolore. Con la riflessologia auricolare è possibile migliorarli e dare un sostegno importante nel quotidiano. L’applicazione di particolari cerotti anallergici sul padiglione auricolare permette di mantenere i benefici per diversi giorni. Dott. Riccardo Micuccio Fisioterapista, specializzato in Medicina Tradizionale Cinese e massaggio tui na Presso il centro Sinergie potrai trovare professionisti specializzati in grado di aiutarti suoi tuoi sintomi forndedoti un trattamento personalizzato. Bibliografia: American College of Rheumatology Fitzcharles MA, Shir Y, Albin JN, et al. Classification and clinical diagnosis of fibromylagia syndrome: recommendations of recent evidence-based interdisciplinary guidelines. Evid Based Complement Alternat Med. 2013; 2013: 528952 Hauser W., Ablin J., Perrot S. Management of fibromylagia: key messages from recent evidence-based guidelines. Pol Arch Intern Med. 2017; 127(1): 47-56 Wolfe F., Clauw DJ, Fitzcharles MA, et al. 2016 revisions to the 2010/2011 fibromylagia diagnostic criteria. Semin Arthritis Rheum. 2016 ![]() Perchè le malattie reumatiche richiedono attenzione e supporto? Il dolore cronico, il senso di fatica, i limiti quotidiani imposti dalla malattia, la depressione e il senso di abbandono sono alcuni dei problemi che possono affliggere le persone che soffrono di malattie reumatiche. Queste hanno richiesto una costante attenzione e impegno sia da un punto di vista scientifico che economico. Le spese richieste per le più comuni patologie come la fibromialgia, l’artrite reumatoide, artrite psoriasica, spondilite anchilosante, le connettiviti e le vasculiti sono esorbitanti. Già nel 2011 i costi per i 253.069 pazienti affetti da artrite reumatoide ammontavano a più di 3 miliardi di euro , di cui due per i soli costi diretti. Il problema maggiore riscontrato sono i costi indiretti di gestione dell’ammalato, che gravano sulle famiglie e sull’assistito, oltre alle perdite in produttività dello stesso. La gestione del dolore, le strategie di prevenzione e la stabilizzazione della malattia sono gli obiettivi principali della ricerca scientifica e del mondo sanitario. A cosa serve la fisioterapia? L’obiettivo della fisioterapia è supportare l’assistito in una migliore gestione del dolore, ridurlo per quanto possibile con un programma riabilitativo adeguato e insegnare strategie quotidiane per migliorare la qualità della vita. Diverse linee guida internazionali affermano che il supporto riabilitativo sia fondamentale per una migliore gestione della malattia. La fibromialgia ha mostrato l’eccezionalità di dover provvedere spesso su una cura costruita su educazione e trattamenti manuali più che su la cura farmacologica o psicoterapeutica. Perché associare le terapie complementari ? Negli ultimi anni diversi pazienti con dolore cronico si sono sottoposti di loro spontanea volontà a diverse modalità terapeutiche scoprendone i vantaggi (Tui Na, Tai ji, Qi Gong, Agopuntura ecc.). La letterattura ha così cominciato a studiare gli effetti benefici dell’esercizio fisico, del rilassamento muscoloscheltrico e della riduzione del dolore o dei sintomi associati grazie all’utilizzo di queste tecniche. Il Tui Na è una metodica riabilitativa, come il Qi Gong, largamente usata negli ospedali cinesi che si avvale delle conoscenze millenarie della Medicina Tradizionale Cinese. A differenza dell’agopuntura ha il vantaggio di poter trattare i muscoli e le articolazioni con un massaggio piacevole e rilassante. I dolori migranti e i diversi tipi disturbo (stipsi e diarrea, dolore alle articolazioni, insonnia, gastralgie, mal di testa) vengono valutati e trattati con la massima attenzione ed ascolto cercando di attenuare i sintomi in modo duraturo. L’associazione del tui na e della fisioterapia occidentale permette di migliorare sensibilmente la condizione della persona promuovendo l’azione o diminuendo la frequenza di assunzione dei farmaci. Fanno la differenza i trattamenti manuali in queste malattie? Perchè sceglierli? La risposta è si perché la singola cura farmacologica a lungo termine porta o effetti collaterali o ad una diminuzione della risposta. A livello sintomatico quindi, a meno che non si parli di casi molto gravi, la fisioterapia e il tui na sono degli strumenti efficaci per trattare il dolore e prolungare l’effetto benefico dei farmaci, senza il bisogno di un importante impiego. Guidati da un programma riabilitativo la persona ha modo di riscoprire una qualità della vita giudicata spesso non recuperabile. Dott. Riccardo Micuccio ![]() di Francesco Corsi, chinesiologo Sappiamo tutti benissimo che uno dei più grandi problemi dell’anziano sia il rischio cadute, rischio che lo espone conseguentemente a tutta una serie di pericoli, compresa la morte. L’aumento di peso e la diminuzione di efficienza biomeccanica che si verificano con l’invecchiamento, portano ad un aumento del consumo di energia e le frequenti disabilità fisiche (artrosi, artriti, lesioni neurologiche, amputazioni) impediscono i normali movimenti, rendendo le persone meno attive che contrastano questo fenomeno con tendenza alla riduzione del consumo di energia 1 (Macchi C. et.al. 2007). In definitiva si instaura un circolo vizioso che porta l’anziano a risparmiare energia attraverso la sedentarietà; aspetto che ne pregiudica la qualità di vita. La paura di cadere è infatti una delle maggiori preoccupazioni di salute tra gli anziani residenti in una comunità 2 (Auais M. et. al., 2017). Questa è l’effetto di tutta una serie fisiologica di reazioni che avvengono nell’organismo man mano che questo invecchia. Fra tutte, quella che è indicata genericamente con il concetto di fragilità dell’anziano; fragilità che è dettata sostanzialmente da due grosse condizioni: la sarcopenia (diminuzione della massa muscolare) e l’osteoporosi (rarefazione dell’osso). Ovviamente a queste vanno aggiunte tutta un’altra serie di problematiche tra cui una ritardata capacità di risposta neuro – muscolare (tempi di reazione), un deficit di controllo propriocettivo (ridotta capacità di percezione conscia e inconscia della posizione articolare), una minor acuità visiva ecc. Per quanto riguarda la sarcopenia una meta analisi 3 (Beaudart C. et. al., 2017) rivela come questa sia associata a diversi esiti nocivi (declino funzionale, maggior tasso di cadute, maggior incidenza di ospedalizzazione), rendendo questa sindrome geriatrica un vero e proprio problema di sanità pubblica. Tuttavia, tra i vari studi in merito, uno 4 (Frank-Wilson AW. et. al., 2016) mette in relazione l’incremento della densità muscolare con il rischio cadute, evidenziando come ad un incremento del volume muscolare corrisponda una diminuzione del tasso di caduta fino al 19%. Una delle maggiori complicanze derivanti dalle cadute è la frattura del collo del femore: essa rappresenta un incremento del tasso di mortalità e disabilità oltre ad avere ripercussioni enormi sulle risorse sanitarie. L’osteoporosi, insieme ad altri fattori di rischio, è fattore di rischio imminente (12-24 mesi) per esito di frattura 5 (Bonafede M. et. al., 2016). In questo senso, ottimizzare la salute delle ossa, nonché la prevenzione delle cadute, dovrebbe essere considerata come strategia per ridurre le fratture nelle persone anziane e fragili 6 (Cook MJ. Et. al., 2016). Purtroppo, sappiamo bene che nella nostra società, la persona anziana tende ad essere una persona esclusa quando invece sarebbe di fondamentale importanza coinvolgerla in un percorso attivo che vada a valorizzare ed incrementare le sue capacità residue sia da un punto di vista fisico che come vero e proprio valore storico esperienziale. Spesso uno dei limiti che la persona si impone riguarda proprio il concetto di età: frasi come “non ho più l’età” sono purtroppo molto presenti nella nostra società. Questo perché si pensa in termini di età anagrafica quando invece esiste un altro parametro definito età biologica. Quest’ultima corrisponde al grado di funzionamento dell’intero organismo che è indipendente dall’età anagrafica. Ed in questo senso, non è una novità poter vedere persone giovani mostrare seri limiti di movimento e persone anziane ancora in gran forma. Fermo restando che sono veramente numerose le casistiche scientifiche che evidenziano come l’esercizio possa aiutare la persona anziana nell’essere il più autonoma possibile allontanando il pericolo di caduta, andiamo a vedere cosa ci dice la ricerca riguardo le arti orientali. In uno studio 7 (Yildirim P. et. al., 2016) vengono messi a confronto esercizi della categoria Taiji con una prescrizione di esercizi combinati con l’obiettivo di monitorare cambiamenti riguardo l’equilibrio statico, l’equilibrio dinamico, la paura di cadere e l’umore. Premettendo che entrambi i gruppi hanno mostrato principalmente miglioramenti nel bilanciamento dinamico (Berg balance scale), si è notato un miglioramento più importante nel gruppo Taiji per quello che riguarda il Single leg – stance – eyes open (equilibrio statico su una gamba ad occhi aperti) e nell’indagine delle attività e paure nella caduta dell’anziano (indicato con l’acronimo SAFFE), concludendo che il Taiji si può rivelare una strategia di intervento ancora più efficace per quello che riguarda le cadute nell’anziano. Parametri legati al miglioramento del cammino derivanti da un incremento di equilibrio legato al Taiji è possibile trovarli in altri quattro studi 8,9,10,11 (Hass CJ, Hackney ME, Wayne PM, McGibbon CA) nei quali viene evidenziato come forza e flessibilità siano essenziali ai fini della prevenzione delle cadute. Pochi sono gli studi invece, rispetto al Taiji, che mettono in relazione esercizi di Qi Gong con il rischio cadute; tuttavia uno studio pilota 12 (Gonzalez Lopez – Arza MV et. al., 2013) evidenzia come la somministrazione di Qi Gong 2 volte la settimana per 4 settimane, in giovani donne sane, possa migliorare l’equilibrio calcolato attraverso test di stabilometria. Su un piccolo campione 12 (Wu G., 2012) viene evidenziato come in praticanti di Taiji il tempo di preparazione al cammino ed il tempo di contatto al suolo del piede sia più breve oltre ad avere una migliore gestione nel passo indietro; aspetti che evidenziano un maggior potenziale nella capacità di recupero posturale in condizioni di potenziale pericolo di caduta. Un altro studio 13 (Mao DW, Hong Y, Li JX, 2006) ha evidenziato attraverso una video analisi come i passi e le direzioni che si svolgono in una forma di Taiji possano essere di grande stimolo nel simulare le sfide che il cammino impone nella vita quotidiana. Da quest’ultimo caso è possibile estrapolare il principio del pieno e del vuoto che rappresentano una costante della filosofia cinese (teoria yin – yang). Camminare o spostarsi lentamente, prendendo coscienza dell’arto che si svuota e dell’arto che si riempie, rappresentano un lavoro di straordinaria consapevolezza che l’individuo esercita sul proprio modo di interagire con l’ambiente circostante. Ancora una volta le caratteristiche di queste arti rendono merito della loro somministrazione come strategia terapeutica di intervento: la lentezza ha il grande merito di esasperare il controllo propriocettivo, il controllo extrapiramidale (cosa che peraltro ne evidenzia l’importante effetto in patologie neurodegenerative come il Parkinson) e la costante ricerca di equilibrio senza stressare le articolazioni. La completezza di queste discipline con forti stimoli legati all’equilibrio, alla coordinazione, alla gestione dello spazio, alla connessione corpo – mente e molte altre caratteristiche ancora ne fanno delle attività orientate sull’intero sistema essere umano. In conclusione, tornare consapevoli di uno schema motorio che è estremamente facile dare per scontato, per il semplice fatto che lo si compie sempre, è un atto di grande saggezze e intelligenza. Proprio in virtù di quest’ultimo pensiero riporto una frase di Confucio: “Chi torna per la vecchia strada per imparare il nuovo, può essere considerato un Maestro” di Francesco Corsi, kinesiologo
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