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hERPES ZOOSTER IN MEDICINA CINESE

15/11/2018

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Detto anche Fuoco di sant’Antonio
Si tratta di una infezione virale a carico di terminazioni nervose, di solito che originano dal rachide, e che possono interessare quindi qualsiasi settore della colonna vertebrale. Le conseguenze somatiche sono quindi a carico dei vari dermetomeri interessati dall’infezione. Le manifestazioni sono caratterizzate da eruzioni vescicolari dolorose. Queste manifestazioni sono caratteristicamente unilaterali e si distribuiscono “a grappolo”. Le vescicole contengono un liquido chiaro e tendono a riassorbirsi o a desquamarsi nel giro di 7-10 giorni. Di solito la malattia conferisce una immunità e la recidiva è pertanto rara. I dolori post erpetici possono però persistere per mesi o persino per anni, ed andare incontro a periodi di remissione per poi riacutizzarsi.
Secondo la medicina tradizionale cinese, le cause del meccanismo fanno riferimento a quadri di disequilibrio energetico, che in sostanza rappresntano un codice per inquadrare lo stato della persona in riferimento a quato tipo di manifestazione. Tutto sommato quello che in medicina occidentale chiameremmo come un “abbassamento delle difese immunitarie”. Infatti la regola generale delle esposizioni ai virus (i fattori patogeni della MTC) è riferita o ad una eccessiva esposizione al contagio, o ad un calo delle difese immunitarie; dato che in questo caso si tratta di un virus cosiddetto “ubiquitario”, anche nella medicina cinese si fa riferimento ad una condizione che predispone il paziente alla malattia, che si tratti di un cambio di stagione, di un precedente stato di debolezza, di una pregressa malattia o per l’uso di alcuni farmaci.
I quadri sindromici a cui fa riferimento la medicina cinese sono:
Fuoco di fegato: questo quadro è determinato da condizioni di calo delle difese immunitarie provocato da disturbi emozionali. La condizione della stasi del Qi porta alla trasformazione in “calore”, che si dirige verso la pelle.
Umidità-calore nella milza: questo quadro è determinato dal deficit di Qi di milza, condizione abbastanza comune, che può originare da diverse condizioni, sia alimentari, che tossiniche, detrminando un accumulo di “umidità” nell’organismo che tende a sviluppare il calore che si propaga anche in questo caso verso l’esterno. Questo quadro giustifica la presenza delle vescicole e delle chiazze di arrossamento cutaneo.
Stasi di Qi e sangue: riguarda in generale la sfera del dolore, ma caratterizza anche i sintomi che permangono dopo il momento acuto virale, che sono di tipo nevralgico e di tipo ipo- o iper- estesico (alterazioni della sensibilità).
Il trattamento con la medicina cinese riguarda l’uso di alcuni fitoterapici, come l’Angelica, Rehmania, Peoniae, ecc. in opportune formulazioni. L’agopuntura risulta notevolmente efficace per il trattamento della fase acuta e dei sintomi post-erpetici. La moxibustione è efficace per il trattamento dei sintomi acuti. La coppettazione risulta efficace nei primissimi momenti della sindrome, ma occorre fare attenzione particolare al momento in cui compaiono le vescicole.
Dott. Mario Picconi

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Fibromialgia: valutazione e trattamento

21/2/2018

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Quali sono gli strumenti per diagnosticare la fibromialgia?
La necessità di potersi avvalere di strumenti capaci di diagnosticare la fibromialgia esiste da oltre vent’anni. Le cause di tale sindrome sono controverse e diversi paesi hanno stilato linee guida comuni per affrontare questa difficoltà.
La valutazione rimane puramente clinica e ci si avvale di scale di valutazione per misurare l’intensità e la qualità dei disturbi. Nella gran parte dei casi la presenza di fibromialgia può essere stabilta da (Hauser W. 2017):
  • Storia della persona
  • Valutazione fisica (ad. es tender points)
  • Assenza di altre patologie che giustifichino i sintomi
E’ molto importante infatti indagare se è presente un’esperienza di dolore importante durante la crescita e l’adolescenza o se vi sono stati disturbi specifici per lungo tempo. Eventi di stress psichico o fisico, ipersensibilità, emicrania o sintomi legati a tensione emotiva sono degli esempi (Hauser W. 2017). In alcuni casi farmaci come le statine, gli inibitori della aromatasi, i bifosfonati e gli oppiodi possono dare importanti effetti collaterali e dolore.
 
Esistono test di laboratorio specifici per diagnosticare la fibromialgia?
Al giorno d’oggi non esistono ancora test o esami specifici che ci permettano di diagnosticare la fibromiaglia. I test di laboratorio sono richiesti per escludere possibili patologie come artrite reumatoide, polimialgia reumatica, ipotiroidismo ecc che giustifichino i sintomi.
Gli esami principalmente richiesti sono la proteina C reattiva, la vitamina D, il calcio sierico, l’ormone tireostimolante e la VES (velocità di eritrosedimentazione) (Fitzcharles MA 2013).
 
Quali sono le scale di valutazione utilizzate per la fibromialgia?
Le ultime revisioni (Wolfe F. 2016) hanno permesso di costruire criteri più specifici per diagnosticare la fibromialgia utilizzando due specifiche scale autosomministrate: la Widespread Pain Index (WPI) e la Symptom Severity Score (SSS). Queste devono presentare tra le 4 alle 6 regioni di dolore e almeno 4 di 5 con dolore diffuso.
Gli ultimi criteri diagnostici stilati negli ultimi anni (ACR) insieme a questa revisione hanno elimnato i tender points come specifico criterio diagnostico.
 
Quali trattamenti manuali sono possibili per trattare la fibromialgia?
Le linee guida attuali indicano di utilizzare terapie personalizzate e integrate verso le esigenze sintomatiche del paziente, che appartengano o meno alla medicina tradizionale.
Il tui na è una modalità di trattamento della antica medicina tradizionale cinese volta a dare maggiore energia alla persona e attenuare il senso di fatica e i sintomi associati. Il massaggio dolce ed armonioso permette un rilassamento profondo delle strutture muscoloscheletriche e nel tempo una differente percezione del dolore. Quest’ultimo potrà migliorare sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo.
La riflessologia auricolare è una tecnica specifica molto utile nel gestire la componente psicologica della sofferenza. Ansia, depressione e irritabilità sono sintomi molto comuni che accompagnano il dolore. Con la riflessologia auricolare è possibile migliorarli e dare un sostegno importante nel quotidiano. L’applicazione di particolari cerotti anallergici sul padiglione auricolare permette di mantenere i benefici per diversi giorni.
Dott. Riccardo Micuccio
Fisioterapista, specializzato in Medicina Tradizionale Cinese e massaggio tui na
Presso il centro Sinergie potrai trovare professionisti specializzati in grado di aiutarti suoi tuoi sintomi forndedoti un trattamento personalizzato.
Bibliografia:
American College of Rheumatology
Fitzcharles MA, Shir Y, Albin JN, et al. Classification and clinical diagnosis of fibromylagia syndrome: recommendations of recent evidence-based interdisciplinary guidelines. Evid Based Complement Alternat Med. 2013; 2013: 528952
Hauser W., Ablin J., Perrot S. Management of fibromylagia: key messages from recent evidence-based guidelines. Pol Arch Intern Med. 2017; 127(1): 47-56
Wolfe F., Clauw DJ, Fitzcharles MA, et al. 2016 revisions to the 2010/2011 fibromylagia diagnostic criteria. Semin Arthritis Rheum. 2016 


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Malattie reumatiche, supporto fisioterapico e della medicina cinese

20/2/2018

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Perchè le malattie reumatiche richiedono attenzione e supporto?
Il dolore cronico, il senso di fatica, i limiti quotidiani imposti dalla malattia, la depressione e il senso di abbandono sono alcuni dei problemi che possono affliggere le persone che soffrono di malattie reumatiche. Queste hanno richiesto una costante attenzione e impegno sia da un punto di vista scientifico che economico. Le spese richieste per le più comuni patologie come la fibromialgia, l’artrite reumatoide, artrite psoriasica, spondilite anchilosante, le connettiviti e le vasculiti sono esorbitanti. Già nel 2011 i costi per i 253.069 pazienti affetti da artrite reumatoide ammontavano a più di 3 miliardi di euro , di cui due per i soli costi diretti. Il problema maggiore riscontrato sono i costi indiretti di gestione dell’ammalato, che gravano sulle famiglie e sull’assistito, oltre alle perdite in produttività dello stesso. La gestione del dolore, le strategie di prevenzione e la stabilizzazione della malattia sono gli obiettivi principali della ricerca scientifica e del mondo sanitario.
A cosa serve la fisioterapia?
L’obiettivo della fisioterapia è supportare l’assistito in una migliore gestione del dolore, ridurlo per quanto possibile con un programma riabilitativo adeguato e insegnare strategie quotidiane per migliorare la qualità della vita. Diverse linee guida internazionali affermano che il supporto riabilitativo sia fondamentale per una migliore gestione della malattia. La fibromialgia ha mostrato l’eccezionalità di dover provvedere spesso su una cura costruita su educazione e trattamenti manuali più che su la cura farmacologica o psicoterapeutica.
Perché associare le terapie complementari ?
Negli ultimi anni diversi pazienti con dolore cronico si sono sottoposti di loro spontanea volontà a diverse modalità terapeutiche scoprendone i vantaggi (Tui Na, Tai ji, Qi Gong, Agopuntura ecc.). La letterattura ha così cominciato a studiare gli effetti benefici dell’esercizio fisico, del rilassamento muscoloscheltrico e della riduzione del dolore o dei sintomi associati grazie all’utilizzo di queste tecniche. Il Tui Na è una metodica riabilitativa, come il Qi Gong,  largamente usata negli ospedali cinesi che si avvale delle conoscenze millenarie della Medicina Tradizionale Cinese. A differenza dell’agopuntura ha il vantaggio di poter trattare i muscoli e le articolazioni con un massaggio piacevole e rilassante. I dolori migranti e i diversi tipi disturbo (stipsi e diarrea, dolore alle articolazioni, insonnia, gastralgie, mal di testa) vengono valutati e trattati con la massima attenzione ed ascolto cercando di attenuare i sintomi in modo duraturo. L’associazione del tui na e della fisioterapia occidentale permette di migliorare sensibilmente la condizione della persona promuovendo l’azione o diminuendo la frequenza di assunzione dei farmaci.
Fanno la differenza i trattamenti manuali in queste malattie? Perchè sceglierli?
La risposta è si perché la singola cura farmacologica a lungo termine porta o effetti collaterali o ad una diminuzione della risposta. A livello sintomatico quindi, a meno che non si parli di casi molto gravi, la fisioterapia e il tui na sono degli strumenti efficaci per trattare il dolore e prolungare l’effetto benefico dei farmaci, senza il bisogno di un importante impiego. Guidati da un programma riabilitativo la persona ha modo di riscoprire una qualità della vita giudicata spesso non recuperabile.
Dott. Riccardo Micuccio

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Taijiquan, qigong e rischio di cadute nell'anziano

27/2/2017

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di Francesco Corsi, chinesiologo
Sappiamo tutti benissimo che uno dei più grandi problemi dell’anziano sia il rischio cadute, rischio che lo espone conseguentemente a tutta una serie di pericoli, compresa la morte. L’aumento di peso e la diminuzione di efficienza biomeccanica che si verificano con l’invecchiamento, portano ad un aumento del consumo di energia e le frequenti disabilità fisiche (artrosi, artriti, lesioni neurologiche, amputazioni) impediscono i normali movimenti, rendendo le persone meno attive che contrastano questo fenomeno con tendenza alla riduzione del consumo di energia 1 (Macchi C. et.al. 2007). In definitiva si instaura un circolo vizioso che porta l’anziano a risparmiare energia attraverso la sedentarietà; aspetto che ne pregiudica la qualità di vita. La paura di cadere è infatti una delle maggiori preoccupazioni di salute tra gli anziani residenti in una comunità 2 (Auais M. et. al., 2017). Questa è l’effetto di tutta una serie fisiologica di reazioni che avvengono nell’organismo man mano che questo invecchia. Fra tutte, quella che è indicata genericamente con il concetto di fragilità dell’anziano; fragilità che è dettata sostanzialmente da due grosse condizioni: la sarcopenia (diminuzione della massa muscolare) e l’osteoporosi (rarefazione dell’osso). Ovviamente a queste vanno aggiunte tutta un’altra serie di problematiche tra cui una ritardata capacità di risposta neuro – muscolare (tempi di reazione), un deficit di controllo propriocettivo (ridotta capacità di percezione conscia e inconscia della posizione articolare), una minor acuità visiva ecc. Per quanto riguarda la sarcopenia una meta analisi 3 (Beaudart C. et. al., 2017) rivela come questa sia associata a diversi esiti nocivi (declino funzionale, maggior tasso di cadute, maggior incidenza di ospedalizzazione), rendendo questa sindrome geriatrica un vero e proprio problema di sanità pubblica. Tuttavia, tra i vari studi in merito, uno 4 (Frank-Wilson AW. et. al., 2016) mette in relazione l’incremento della densità muscolare con il rischio cadute, evidenziando come ad un incremento del volume muscolare corrisponda una diminuzione del tasso di caduta fino al 19%. Una delle maggiori complicanze derivanti dalle cadute è la frattura del collo del femore: essa rappresenta un incremento del tasso di mortalità e disabilità oltre ad avere ripercussioni enormi sulle risorse sanitarie. L’osteoporosi, insieme ad altri fattori di rischio, è fattore di rischio imminente (12-24 mesi) per esito di frattura 5 (Bonafede M. et. al., 2016). In questo senso, ottimizzare la salute delle ossa, nonché la prevenzione delle cadute, dovrebbe essere considerata come strategia per ridurre le fratture nelle persone anziane e fragili 6 (Cook MJ. Et. al., 2016). Purtroppo, sappiamo bene che nella nostra società, la persona anziana tende ad essere una persona esclusa quando invece sarebbe di fondamentale importanza coinvolgerla in un percorso attivo che vada a valorizzare ed incrementare le sue capacità residue sia da un punto di vista fisico che come vero e proprio valore storico esperienziale.
Spesso uno dei limiti che la persona si impone riguarda proprio il concetto di età: frasi come “non ho più l’età” sono purtroppo molto presenti nella nostra società. Questo perché si pensa in termini di età anagrafica quando invece esiste un altro parametro definito età biologica. Quest’ultima corrisponde al grado di funzionamento dell’intero organismo che è indipendente dall’età anagrafica. Ed in questo senso, non è una novità poter vedere persone giovani mostrare seri limiti di movimento e persone anziane ancora in gran forma.
Fermo restando che sono veramente numerose le casistiche scientifiche che evidenziano come l’esercizio possa aiutare la persona anziana nell’essere il più autonoma possibile allontanando il pericolo di caduta, andiamo a vedere cosa ci dice la ricerca riguardo le arti orientali. In uno studio 7 (Yildirim P. et. al., 2016) vengono messi a confronto esercizi della categoria Taiji con una prescrizione di esercizi combinati con l’obiettivo di monitorare cambiamenti riguardo l’equilibrio statico, l’equilibrio dinamico, la paura di cadere e l’umore. Premettendo che entrambi i gruppi hanno mostrato principalmente miglioramenti nel bilanciamento dinamico (Berg balance scale), si è notato un miglioramento più importante nel gruppo Taiji per quello che riguarda il Single leg – stance – eyes open (equilibrio statico su una gamba ad occhi aperti) e nell’indagine delle attività e paure nella caduta dell’anziano (indicato con l’acronimo SAFFE), concludendo che il Taiji si può rivelare una strategia di intervento ancora più efficace per quello che riguarda le cadute nell’anziano.
Parametri legati al miglioramento del cammino derivanti da un incremento di equilibrio legato al Taiji è possibile trovarli in altri quattro studi 8,9,10,11 (Hass CJ, Hackney ME, Wayne PM, McGibbon CA) nei quali viene evidenziato come forza e flessibilità siano essenziali ai fini della prevenzione delle cadute. Pochi sono gli studi invece, rispetto al Taiji, che mettono in relazione esercizi di Qi Gong con il rischio cadute; tuttavia uno studio pilota  12 (Gonzalez Lopez – Arza MV et. al., 2013) evidenzia come la somministrazione di Qi Gong 2 volte la settimana per 4 settimane, in giovani donne sane, possa migliorare l’equilibrio calcolato attraverso test di stabilometria.
Su un piccolo campione 12 (Wu G., 2012)  viene evidenziato come in praticanti di Taiji il tempo di preparazione al cammino ed il tempo di contatto al suolo del piede sia più breve oltre ad avere una migliore gestione nel passo indietro; aspetti che evidenziano un maggior potenziale nella capacità di recupero posturale in condizioni di potenziale pericolo di caduta. Un altro studio 13 (Mao DW, Hong Y, Li JX, 2006) ha evidenziato attraverso una video analisi come i passi e le direzioni che si svolgono in una forma di Taiji possano essere di grande stimolo nel simulare le sfide che il cammino impone nella vita quotidiana.
Da quest’ultimo caso è possibile estrapolare il principio del pieno e del vuoto che rappresentano una costante della filosofia cinese (teoria yin – yang). Camminare o spostarsi lentamente, prendendo coscienza dell’arto che si svuota e dell’arto che si riempie, rappresentano un lavoro di straordinaria consapevolezza che l’individuo esercita sul proprio modo di interagire con l’ambiente circostante. Ancora una volta le caratteristiche di queste arti rendono merito della loro somministrazione come strategia terapeutica di intervento: la lentezza ha il grande merito di esasperare il controllo propriocettivo, il controllo extrapiramidale (cosa che peraltro ne evidenzia l’importante effetto in patologie neurodegenerative come il Parkinson) e la costante ricerca di equilibrio senza stressare le articolazioni. La completezza di queste discipline con forti stimoli legati all’equilibrio, alla coordinazione, alla gestione dello spazio, alla connessione corpo – mente e molte altre caratteristiche ancora ne fanno delle attività orientate sull’intero sistema essere umano.
In conclusione, tornare consapevoli di uno schema motorio che è estremamente facile dare per scontato, per il semplice fatto che lo si compie sempre, è un atto di grande saggezze e intelligenza.

Proprio in virtù di quest’ultimo pensiero riporto una frase di Confucio:
“Chi torna per la vecchia strada per imparare il nuovo, può essere considerato un Maestro”
 

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Taijiquan, Qigong e malattie autoimmuni

23/1/2017

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di Francesco Corsi, kinesiologo
Oggi andiamo a parlare di come le discipline orientali del Taiji e del Qi Gong possono essere di aiuto nel contrastare quelle patologie definite di carattere autoimmune, ovvero dove il sistema immunitario si comporta, invece che come uno strumento di difesa dell’organismo, come uno strumento di offesa arrivando a danneggiare anche seriamente l’integrità dell’organismo stesso. Il fenomeno dell’autoimmunità è decisamente più presente nelle donne rispetto agli uomini: per alcune malattie autoimmuni, come le tiroiditi, il rapporto femmina – maschio è 20 a 1 1 (Francesco Bottaccioli, 2005)
Ma prima di passare in rassegna quelli che sono gli studi in merito, è opportuno fare una brevissima premessa sul Taiji e sul Qi Gong; queste discipline sono diverse solo da un punto di vista formale e non nella sostanza. Chi le pratica sa benissimo che i punti di lavoro  sono strettamente interconnessi e che una pratica di Taiji richiede una pratica anche del Qi Gong. Pertanto l’oggetto di studio e di indagine è lo stesso: questo è talmente vero che è stata proposta una nuova categoria di esercizio per la salute che va sotto il nome di Meditative Movement (includente, oltre al Taiji e al QI Gong, anche lo Yoga e il Pranayama)2 (Larkey L, Jahnke R, Etnier J, Gonzalez J. 2009). La seguente categoria, secondo gli stessi autori, presenta delle caratteristiche specifiche:
 
Una qualche forma di movimento o posizione del corpo; Attenzione focalizzata sulla respirazione; Una ricerca di calma mentale; Uno stato di profondo rilassamento.  
Nelle malattie autoimmuni, quali ad esempio artrite reumatoide, lupus, sclerosi multipla, si registra un’anomala reazione infiammatoria dell’organismo. L’infiammazione è infatti il processo che innesca la reazione immunitaria; elemento quindi indispensabile per contrastare gli agenti patogeni (virus, batteri). L’infiammazione quindi di per sé è una risposta necessaria e vitale per l’organismo. Ciò che davvero conta diviene il controllo, la modulazione della risposta immunitaria.
La prima ondata infiammatoria è ad opera di sostanze già largamente disponibili: istamina , serotonina, bradichinina e fattore attivante le piastrine rappresentano il processo stesso dell’infiammazione. L’istamina rappresenta un potente vasodilatatore. La serotonina, per la sua azione sul sistema nervoso, può determinare alterazioni quali nausea e performance cognitiva oltre che ad influenzare l’umore. Il fattore attivante le piastrine stimola le cellule immunitarie a produrre mediatori dell’infiammazione (leucotrieni), innescando così un circolo vizioso.
Fino ad ora abbiamo visto chi sono i principali attori dell’infiammazione. Ma chi o cosa la innesca? Quali sono i mediatori chimici che la determinano? Sono le citochine, le quali rappresentano le parole con cui il corpo comunica. Tra queste, in senso prettamente infiammatorio, spiccano la cosiddetta interleuchina 1 (IL1), l’IL6 e il TNF (tumor necrosis factor o fattore di necrosi tumorale). L’IL1 si presenta come la più potente citochina infiammatoria, capace di penetrare la barriera emato – encefalica, stimolando il cervello a rilasciare prostaglandine (PGE2). In questo modo viene dimostrato come l’infiammazione possa arrivare fin dentro il cervello 3 (M. Ek et. al., 2001). Inoltre l’IL1 si dimostra un amplificatore della risposta infiammatoria, andando a stimolare la produzione di altre citochine infiammatorie come la IL6. Il TNF invece agisce come segnalatore multiplo dell’infiammazione e viene attivato da diversi fattori quali IL1, radicali liberi, tumori (da cui il nome), mediatori dell’infiammazione. Una sua sovrapproduzione è in grado di attivare l’asse ipotalamo – ipofisi – surrene (conosciuto anche come asse dello stress) con conseguente produzione di cortisolo. E proprio a proposito di stress, questo è altamente correlato con la risposta infiammatoria in quanto, lo stress cronico, porta ad un’azione immunosoppressiva e facilita le reazioni infiammatorie. In condizioni acute invece lo stress può migliorare la risposta immunitaria 4 (Dhabhar F.S., 2009). Persone affette da lupus eritematoso sistemico (LES) hanno mostrato un peggioramento della sintomatologia in concomitanza di eventi stressanti (stress quotidiano); peggioramento che si protrae per qualche giorno e misurabile attraverso parametri immunitari 5 (Peralta-Ramírez MI et. al., 2004). È altrettanto vero che, se sottoposte a programmi anti stress, le persone affette da LES mostrano un significativo miglioramento di tutti i parametri studiati sia a livello di dolore che di funzione fisica e psicologica 6 (Greco CM et. al., 2004).
La pratica del Qi Gong e del Taijiquan ha il fondamentale effetto di modulare la risposta infiammatoria, diminuendo l’attivazione dell’asse dello stress che, come abbiamo visto, porta a effetti soppressivi sull’immunità e favorisce ed incrementa il processo infiammatorio. Regola quindi il rilascio delle citochine infiammatorie e rinforza l’azione delle immunoglobuline e delle natural killer, migliorando quindi nel complesso la funzione immunitaria e riducendo il profilo infiammatorio 7 (Roger Jahnke et. al., 2010). Un altro studio 8 (A. Han et. al., 2004) riporta un netto miglioramento della qualità del movimento riferito agli arti inferiori (anca e caviglia) nelle persone colpite da artrite reumatoide evidenziando come la pratica del Taiji si riveli di grande beneficio nel contrastare gli effetti della malattia.
Inoltre l’artrite reumatoide si comporta come ulteriore fattore di rischio per problematiche cardiovascolari: è suggerito che la pratica del Taiji migliora la disfunzione endoteliale e la rigidità arteriosa nelle donne anziane con artrite reumatoide, suggerendo che può essere una strategia comportamentale utile per la prevenzione cardiovascolare nei pazienti con artrite reumatoide 9 (Shin JH et. al., 2015)
In conclusione, la ricerca ha dimostrato risultati costanti e significativi per una serie di benefici per la salute in RCT, evidenziando i progressi verso il riconoscimento della similarità e l'equivalenza tra il Taiji ed il Qi Gong 10 (Roger Jahnke et al, 2010), considerando comunque la difficoltà dell’apprendimento di queste pratiche; aspetto che ha portato a creare modelli semplici di movimento e che quindi rischiano di spogliare del reale effetto benefico, comunque riconosciuto, le stesse discipline. In questo senso i miglioramenti ed i benefici diventano direttamente proporzionali alla qualità (corretto apprendimento) ed alla quantità (frequenza) della pratica.
Finisco questo articolo riportando un proverbio della medicina tradizionale cinese che ci ricorda quanto sia importante mantenere il corpo in movimento: “Lì dove scorre la linfa che dà la vita, i vermi non mangeranno il legno vivo. Se i cardini sono usati ogni giorno, la ruggine non impedirà l’apertura di un cancello. Il movimento dona salute e vita. La stagnazione porta malattia e morte”.
 
Riferimenti:
1 Francesco Bottaccioli, Psiconeuroendocrinoimmunologia, I fondamenti scientifici delle relazioni mente – corpo. Le basi razionali della medicina integrata, Edizioni Red, 2005
2 Larkey L, Jahnke R, Etnier J, Gonzalez J, J Phys Act Health. 2009 Mar;6(2):230-8
3 M. Ek et. al., Inflammatory response: pathway across the blood-brain barrier, Nature,    2001; 410 4 Dhabhar F.S., Enhancing versus Suppressive Effects of Stress on Immune Function: Implications for Immunoprotection and Immunopathology, Neuroimmunomodulation, 2009 5 Peralta-Ramírez MI et. al., The effects of daily stress and stressful life events on the clinical symptomatology of patients with lupus erythematosus, Psychosomatic Medicine, 2004 6 Greco CM et. al., Effects of a stress-reduction program on psychological function, pain, and physical function of systemic lupus erythematosus patients: a randomized controlled trial, Arthritis Rheumatoid, 2004 7 Roger Jahnke et. al., A Comprehensive Review of Health Benefits of Qigong and Tai Chi, Am J Health Promot, 2010 8 A. Han et. al., Tai chi for treating rheumatoid arthritis, Cochrane database systematics rewiev, 2004 9  Shin JH et. al., The beneficial effects of Tai Chi exercise on endothelial function and arterial stiffness in elderly women with rheumatoid arthritis, Arthritis Res Ther. 2015 10 Roger Jahnke et. al., A Comprehensive Review of Health Benefits of Qigong and Tai Chi, American Journal of Health Promotion, 2010

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I diturbi specifici dell'apprendimento

26/10/2016

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I DISTURBI SPECIFICI DELL'APPRENDIMENTO E IL PERCORSO DI AIUTO OFFERTO DALLA PEDAGOGIA IN AIUTO ALLA PERSONA (CLINICA)
di Flora Fontana, Pedagogista Clinico
I Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA), riconosciuti dalla Legge 170/2010 sono nel dettaglio la dislessia (disturbo specifico della lettura), la disgrafia (disturbo specifico della scrittura di natura grafo-motoria), la disortografia (disturbo specifico della scrittura di natura grammaticale) e la discalculia (disturbo specifico del sistema dei numeri e del calcolo). I DSA sono riscontrabili in età scolare in bambini che mostrano delle reali difficoltà ad apprendere la lettura, la scrittura e il calcolo.
Negli ultimi anni è stata posta una grande attenzione sui DSA, ciò nonostante ci si continua a domandare come sia possibile che un bambino che si è sempre dimostrato sveglio e sereno, con l'ingresso alla scuola Primaria sembra bloccarsi dinanzi alle richieste di apprendimento che gli vengono poste. Improvvisamente qualcosa inizia a cambiare, il bambino manifesta intolleranza alla scuola, gli insegnanti si lamentano dei suoi scarsi risultati e danno spesso la colpa ad un impegno insufficiente, oppure a scarsa attenzione da parte dei genitori che secondo loro potrebbero non seguirlo in modo adeguato. Anche dopo una diagnosi ci si interroga sulle cause e sulla più opportuna modalità di intervento.
Non si pensa che l'apprendimento è un atto complesso e lo si considera come se fosse generato unicamente dalle capacità intellettive della persona. Mentre invece, affinché sia possibile apprendere, il bambino deve aver raggiunto un'adeguata maturità cognitiva e affettiva. Solo in questo modo si riesce a garantire l'autonomia e la capacità di contenere le frustrazioni necessarie al processo di crescita. Inoltre, vanno considerati i fattori psicologici strettamente collegati all'ambiente di vita, alla relazione con gli altri e alla disponibilità ad apprendere quali la motivazione, l'autostima, lo stato emotivo e la maturazione delle funzionalità organiche, motorie e psicomotorie, queste ultime legate ad esempio alla lateralizzazione (la capacità di individuare la destra e la sinistra sul proprio corpo e su quello degli altri), allo sviluppo dello schema corporeo, al coordinamento senso-motorio, alla coordinazione dinamica generale e segmentale, alla capacità di rilassamento, alla corretta respirazione, all'orientamento spaziale e temporale. Per quanto riguarda gli apprendimenti scolastici, oltre ai fattori sopra citati entrano in gioco degli stimoli di natura specifica legati alla didattica pedagogica. Questi stimoli hanno il compito di rendere possibile l'acquisizione di abilità e competenze atte a favorire l'arricchimento interiore della persona e il suo sviluppo (Pesci, Mani, 2013, 30).
Un bambino con DSA non deve soltanto far fronte alle difficoltà strettamente legate agli
apprendimenti scolastici. Vi sono anche tutta una serie di disagi collegati che appesantiscono la
quotidianità, che fanno sentire diversi rispetto agli altri, spesso inadeguati e fuori posto, insicuri, che
minano il benessere psicologico, il proprio equilibrio e le relazioni. Problematiche che spesso
emergono con l'ingresso alla scuola dell'obbligo, con il primo approccio dei bambini alla lingua
scritta e al calcolo. Un'incapacità che crea mortificazione, spinge ad attuare confronti con i
compagni, a porsi domande sulle proprie reali capacità cognitive. Questo è quello che emerge dai
racconti di vita autobiografici di giovani con difficoltà negli apprendimenti e dei loro genitori,
resoconti di vissuti dolorosi, di rabbia e risentimento verso insegnanti e compagni insensibili alle
difficoltà vissute, ragazzi etichettati come “somari”, vessati quotidianamente, umiliati, caricati di
compiti “per il loro bene” (G. Stella, 2007).
Negli ultimi anni, grazie anche ai numerosi studi scientifici effettuati, è stato compreso che questi
disturbi si manifestano in soggetti con capacità intellettive nella norma, in assenza di patologie
neurologiche o deficit sensoriali. Di fatto, il termini disturbo avvicina la tematica al campo medico
mentre invece sarebbe più corretto parlare di neuro-diversità, in quanto si tratta di caratteristiche
che fanno parte della persona e quindi legate alla personale modalità di apprendere (Cooper E. Ross
in Genovese, Ghidoni, Guaraldi, Stella (a cura di), 2011)
Secondo l'iter indicato dalla Legge 170/2010, la diagnosi di DSA viene formulata da un
neuropsichiatra infantile (al termine della classe 2^ di scuola Primaria per Dislessia e Disortografia,
e al termine della classe 3^ di scuola Primaria per Discalculia e Disgrafia) e prevede di sottoporre il
bambino ad una serie di prove standardizzate per verificarne l'assenza di altre patologie e il livello
di intelligenza, oltre che competenze più specifiche quali la correttezza e la velocità di lettura, la
comprensione del testo, le capacità di scrittura e di calcolo. L'intervento specialistico prevede
generalmente delle attività mirate al recupero e potenziamento del soggetto, mentre l'intervento a
scuola si basa sull'utilizzo di strumenti compensativi, come l'uso della calcolatrice, della tavola
pitagorica, di schemi e mappe concettuali e misure dispensative, quali ad esempio la dispensa dalla
lettura a voce alta in classe e dalla scrittura sotto dettatura (Cornoldi (a cura di), 2007).
In qualità di Pedagogista in Aiuto alla Persona (Clinico) desidero adesso illustrare l'approccio che
contraddistingue la mia Professione in merito ai Disturbi Specifici dell'Apprendimento. La
Pedagogia Clinica, scienza universale che affonda le sue radici nella storia della società umana,
pone come oggetto di studio l'essere umano e come obiettivo il farsi carico della sua formazione. Il
vocabolo “clinico”, che deriva dal greco klinikè, sottolinea l'intento di volgersi in aiuto alla persona,
senza però concentrarsi sulla patologia e discostandosi dall'area medico-sanitaria. La
Pedagogia Clinica è una scienza sperimentale, che considera la persona in modo olistico partendo
dalle sue potenzialità e armonizza metodologie e tecniche in modo eclettico, al fine ultimo di
condurla verso una condizione di libertà e intima consapevolezza di sé e del mondo.
Il Pedagogista Clinico è un professionista dell'educazione, che si mette a disposizione della persona
nella sua interezza senza concentrarsi sul deficit, ma accogliendola in modo globale. Il suo operato
si rivolge ad ogni età nella quale si possa attraversare un periodo di difficoltà dal punto di vista
fisico, psichico, sensoriale, relazionale (Pesci, 2004). Grazie alla sua professionalità e alle sue
capacità di osservazione e ascolto, egli riesce a creare un clima simpatetico e di disponibilità al
dialogo nel quale sarà possibile approfondire quali sono le caratteristiche estrinseche ed intrinseche
alla persona con difficoltà ad apprendere.
Il percorso di aiuto pone le sue basi sullo stare insieme all'altro, per dare la possibilità di
comunicare, sia in modo verbale che non verbale, i propri stati di necessità. Si tratta di uno studio
complesso e integrale, che conduce alla conoscenza profonda del soggetto. Il fine è quello di
arrivare a conoscere le Potenzialità, le Abilità e le Disponibilità (PAD) della persona attraverso
metodi di indagine che conducano ad uno studio critico, dinamico e globale del soggetto stesso, atto
ad estrapolarne una definizione positiva (Pesci, 2012, 67-70).
L'intervento pedagogico clinico per coloro che manifestano difficoltà e Disturbi Specifici
dell'Apprendimento richiederà la presa in carico globale della persona, partendo dalle abilità e
disponibilità presenti e figurando le potenzialità da far emergere, e il suo accompagnamento in un
percorso di crescita in cui il miglioramento delle competenze apprenditive verrà considerato come
una parte di una molteplicità di altri importanti traguardi da raggiungere. Gli obiettivi specifici
saranno quelli di consolidare le abilità presenti, conquistare una maggiore autonomia, motivazione e
disponibilità ad apprendere, raggiungere un rinnovato equilibrio affettivo-relazionale, aumentare il
livello dell'autostima, oltre che lavorare sui pre-requisiti necessari all'apprendimento scolastico.
L'intervento di aiuto pedagogico clinico potrà prevedere metodi e tecniche che includano esperienze
a carattere ludico con lo scopo di facilitare la strutturazione dello schema corporeo, la
lateralizzazione, l'organizzazione e la strutturazione spazio-temporale, la dinamica respiratoria e
organizzativo-motoria, esperienze che abbattano gli stati tensionali e regolino il tono muscolare, che
rinforzino le capacità attentive e mnestiche, le capacità percettivo-visive ed espressivo-elocutorie,
che potenzino la discriminazione sonora e ritmica. L'obiettivo generale quindi è raggiungere un
riequilibrio bio-psico-emozionale tenendo conto della globalità della persona, non soltanto del suo
disagio, al fine di soddisfare il suo bisogno primario di esprimersi, basato sulla scoperta e riscoperta
di un linguaggio arricchito da nuove esperienze che producono nuove abilità e disponibilità,
promuovendo un progressivo stato di benessere, di serenità, di fiducia in se stessi che metta in grado
di recuperare quelle abilità e quella forza interiore che permetteranno di affrontare e vincere ogni
stato di malessere.
Il cambiamento positivo sarà frutto di una migliore relazione con se stessi, con il proprio corpo e
con gli oggetti esterni, incluso il testo scritto. Il recupero delle abilità codificatorie e decodificatorie
contribuirà a sviluppare nel bambino il piacere della lettura, una tangibile abilità espressiva e
comunicativa, un rinnovato stato di soddisfazione, fino al raggiungimento di un completo stato di
benessere, inteso come condizione di tranquillità emotiva che toccherà tutti gli aspetti della vita,
quello fisico, mentale e sociale, e che darà l'opportunità di prendersi cura di sé stessi e vivere la vita
con entusiasmo.
BIBLIOGRAFIA
C. Cornoldi (a cura di), 2007, Difficoltà e disturbi dell'apprendimento, Il Mulino, Bologna
R. E. Cooper, Neurodiversità e Dislessia: strategie di compensazione o approcci diversi?, in E.
Genovese, E. Ghidoni, G. Guaraldi, G. Stella (a cura di), 2011, Dislessia nei giovani adulti,
Edizioni Erickson, Trento
G. Pesci, 2004, Percorso clinico. Aiuto alla persona, Magi, Roma
G. Pesci, 2012, Pedagogia Clinica. La pedagogia in aiuto alla persona, Omega Edizioni, Torino
G. Pesci, M. Mani, 2013, Dizionario di Pedagogia Clinica, Edizioni Scientifiche Isfar, Firenze
G. Stella, 2007, Storie di dislessia. I bambini di oggi e i bambini di ieri raccontano la loro battaglia
quotidiana, Libri Liberi, Firenze
http://clinicalpedagogy.com/
http://www.dizionariopedagogiaclinica.it/

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PREVENIRE E’ MEGLIO CHE CURARE…MA LA MANUTENZIONE E’ ANCORA MEGLIO

12/10/2016

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Di Mario Picconi
Il concetto della prevenzione è ormai connaturato nella nostra cultura, si va dal dentista per prevenire la carie, si fa la mappatura dei nei per la prevenzione del melanoma, si cerca di mangiare correttamente per prevenire disturbi cardiovascolari, ecc… Nella medicina cinese il concetto di prevenzione è vecchio di duemila anni, e l’uso delle tecniche che ne fanno parte, massaggio, dietetica, ginnastiche,agopuntura, ne esprime la massima potenzialità. Notoriamente per gli esperti del settore, le tecniche di prevenzione che appartengono alla medicina tradizionale cinese esprimono in questo ambito la loro massima potenzialità; ancora oggi, nella mentalità comune, ormai presa dai mille impegni che la società ci impone, si ricorre alle tecniche “naturali” per una scelta etica o per evitare di “intossicarsi” con l’abuso di farmaci.
Nella mia esperienza di medico agopuntore, ormai da una quindicina di anni, la mentalità è fortunatamente cambiata, prima l’agopuntura era l’ultima ratio della persona che aveva provato già tutto, oggi le persone che hanno fatto questa esperienza, ricorrono alle mie cure prima di farne altre. Ma devo dire che esiste un altro livello di prevenzione, per cui la medicina cinese eccelle, quello della MANUTENZIONE, mentre la prevenzione esprime in senso stretto ancora un livello di disequilibrio “vicino” alla malattia, la mautenzione è quella attività che si può fare in piena salute, che aiuta l’organismo a VIVERE BENE, non soltanto a vivere senza malattia.
Nella mia professione ho conosciuto molte persone malate ma con una grande energia vitale, come ho conosciuto persone sane ma con una voglia di vivere molto bassa; poi esistono anche le persone per cui la malattia è una “scusa” per smettere di vivere, ma fortunatamente anche viceversa, esistono le persone per cui la malattia è una occasione per cambiare delle cose di se. In ogni caso si tratta di redersi conto che la salute è una NOSTRA RESPONSABILITA’, e questo modo di pensare è una grande risorsa, che ci può consentire di vivere bene per i giorni che ci restano. Molti confondono il vivere “bene” con il vivere “felici” questo è un tema molto vicino al benessere della persona, per cui la ricerca della “felicità” diventa una condizione del vivere, non un’aspettativa effimera, come molte correnti new age, che si ispirano solamente alla medicina cinese, vorrebbero far credere.
Questo di “vivere bene” è un princìpio cardine della medicina cinese antica, che pochi applicano e che pochi medici esperti di medicina cinese sanno come applicare, semplicemente perché non lo fanno per primi nella loro vita. Chi ha sperimentato i benefìci sulla propria pelle può testimoniare l’incredibile efficacia della pratica del Qigong o del Taijiquan, oppure il beneficio della pratica regolare del Tuina o dell’agopuntura; il mantenimento della salute non equivale all’assenza della malattia, la SALUTE è molto di più è un senso di benessere psicofisico, è una energia attiva, equilibrata e dinamica che la persona esprime per sviluppare la propria vita in armonia con l’ambiente che lo circonda.  Avendo avuto la fortuna di iniziare la pratica delle arti marziali cinesi all’età di 11 anni ho potuto sperimentarne l’intera panoramica, comprese le cosiddette “tecniche di lunga vita”,  (Qigong, Liangong, Taijiquan, ecc…), e praticando la medicina cinese ho potuto valutarne personalmente l’uso combinato con le tecniche terapeutiche (agopuntura, tuina, auricoloterapia, ecc…).
Nel centro Sinergie ho potuto creare un ambiente dove le persone possono trovare tutto quello che gli necessita per trattare la propria salute a tutti i livelli, fisico, energetico e spirituale; e attuare quelle strategie di compensazione che necessitano per tenere il livello della SALUTE in un equilibrio stabile e dinamico al tempo stesso.


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PER UNA VITA DI QUALITA', gli antichi esercizi cinesi per il benessere e la salute...

5/10/2016

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I LIAN GONG, gli esercizi della prevenzione
 
Di Riccardo Micuccio
                               Una delle caratteristiche che più contraddistingue la Medicina Tradizionale Cinese come sistema terapeutico è indubbiamente la sua attitudine alla prevenzione.
L’intero corpo di conoscenze che si è sviluppato in migliaia di anni ha avuto come obiettivo quello di ricreare l’armonia tra l’essere umano e il suo ambiente di vita.
Il qi gong e il tai ji ne sono infatti un esempio lampante, visto che non a caso sono anche soprannominate ginnastica di lunga vita.
Nel vastissimo insieme delle ginnastiche cinesi sono nati, dallo sviluppo di antiche discipline, un gruppo di esercizi che si contraddistinguono per il loro orientamento terapeutico.
I Lian Gong, letteralmente le 18 terapie, rappresentano dei veri e propri rimedi specifici al dolore e alle disfunzioni muscoloscheletriche. Non costituiscono quindi un corpo di esercizi generici, bensi precisi movimenti atti a rinforzare un particolare segmento corporeo e alla tonificazione della muscolatura di appartenenza.
La modalità di esecuzione e l’attenzione dell’atto motorio sono due regole imprescindibili al fine di poter ottenere i risultati benefici di queste terapie e gli effetti speciali connessi. Iniziare a praticare gli esercizi avrà a breve termine l’effetto di prevenire eventuali traumi, mentre nel medio e lungo periodo si potranno creare le condizioni per una migliore ossigenazione dei tessuti al fine di una migliore funzionalità articolare. I movimenti effettuati sono lenti e programmati, percependoli in tutta la loro ampiezza, con l’attenzione al mantenimento della giusta tensione muscolare. Questa accortezza, all’apparenza di poco conto, a livello neurofisiologico ha un’importanza fondamenale vista la costante informazione propriocettiva inviata al cervello, che permette il ripristino del corretto equilibrio cinetico della contrazione muscolare. Posizioni prolungate nel quotidiano provocano inevitabilemente un’alterazione del tono contrattile dei muscoli, che se ulteriormente stressati possono andare incontro a strappi e stiramenti. L’esecuzione controllata perciò favorisce la capacità di recupero dei vari distretti articolari, attivandoli nella maniera corretta. Questo atteggiamento nella pratica viene indicato con l’espressione di “forza interna”.
Si potrebbe pensare quindi che gli effetti delle 18 terapie interessino esclusivamente l’apparato locomotore senza ulteriori benifici, ma questa ipotesi si è dimostrata errata grazie ad alcuni studi condotti. I pazienti reclutati oltre ad avere problematiche muscoloscheltriche presentavano malattie cardiovascolari, respiratorie, intestinali ecc.
I risultati hanno dimostrato un miglioramento notevole rispetto alle patologie di fondo presenti, facendo capire come operano sul nostro corpo questi esercizi.
Il principio attraverso cui è possibile incidere sul decorso di una patologia è uno dei fondamenti della medicina cinese, ovvero potenziare la parte buona e in salute. L’attenzione e uno studio rivolto alla cura della parte esterna del corpo, con una pratica assidua e strutturata, porta infatti ad ottenere benefiche ripercussioni sull’interno.
Secondo il concetto di circolazione energetica del corpo e della fisiologia della Medicina Tradizionale Cinese questo aspetto risulta maggiormente comprensibile. Visto il collegamento dei meridiani energetici ai diversi organi a loro correlati, esercizi mirati e proposti con un preciso assetto vanno a stimolare e promuoverne il fisiologico flusso, avendo alla lunga un importante conseguenza a livello viscerale.
Ulteriore tratto distintivo dei Lian Gong è la loro facilità nell’essere appresi, adattandosi alle diverse capacità fisiche che si presentano in ognuno di noi. La peculiarità sta proprio nel poter ritagliare esercizi mirati ed efficaci in base alle variabili presenti sulla persona, orientandosi su ciò di cui ha più bisogno.
Se si dovesse infine stabilire delle differenze tra le ginnastiche, come il Qi Gong e il Tai Ji, e i Lian Gong potremmo dire che questi ultimi si distinguono per il loro specifico orientamento e per la loro versatilità di utilizzo nel contrastare gli acciacchi e fortificare il fisico.

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E SE DOVESSI SCOPRIRE CHE POSSO DAVVERO STARE MEGLIO?

10/5/2016

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Riflessioni su quanto il desiderio, o la necessità, che ci porta a chiedere sostegno ad un operatore  trovi talvolta delle resistenze profonde, legate alla paura inconscia che “guarire” significhi assumersi la responsabilità della propria guarigione, con tutto ciò che questo comporta.
Senza addentrarmi in terreni che non mi competono, guardo la questione dal mio punto di vista di operatore shiatsu.
Lo Shiatsu ha una valenza terapeutica e un meraviglioso potenziale nel sostenere i processi di auto-guarigione della persona.
Attraverso dolori o disagi il corpo ci parla, ci lancia gradualmente segnali di allarme per richiamare la nostra attenzione e il nostro intervento. Quando non li ascoltiamo, o non li sappiamo riconoscere, il corpo isola la parte dolorante che diventa altro da noi stessi.
Siamo noi che a livello inconscio non vogliamo sentire quel dolore, ne abbiamo paura.
Perché stare bene è una scelta che implica una grande responsabilità da parte nostra, quella di farci carico della nostra vita senza delegare ad altri il nostro benessere.
 Intervenendo a livello energetico lo Shiatsu porta come prima sensazione quella di un benessere diffuso, siamo più sereni, dormiamo meglio, c’è più armonia nella nostra vita, il corpo è più leggero e lo stato mentale più espanso. Lo Shiatsu calma e tonifica, sempre nel rispetto della persona, sempre in una condizione di Amore.
Ma poi, seduta dopo seduta, comincia a succedere qualcosa di meraviglioso che è ciò che porta lentamente verso un processo di auto-guarigione.
La persona comincia ad ascoltarsie a diventare più consapevole di ciò che succede e sente, anche della paura. Paura di ammalarsi, del dolore, di intraprendere un percorso di guarigione e, perché no, a volte anche di guarire e di dover riconoscere di aver inconsciamente investito sulla propria malattia.
L’ascolto aumenta la consapevolezza e in questa dimensione possiamo vedere con chiarezza e meno paura la situazione per quella che è. È qui che le cose possono cominciare a cambiare.
A questo punto entra in gioco un altro elemento fondamentale, la perseveranza.
A volte le persone trovano mille motivi per rimandare le sedute per il lavoro, i figli, la difficoltà di trovare spazio nella propria vita..
Per noi operatori è doveroso rispettare le resistenze e non forzare un percorso di cambiamento che per ciascuno ha tempi e modalità diverse. Ma è anche giusto fare presente che la guarigione parte sempre da una scelta e dal mantenimento coerente di questa scelta inziale e consapevole.
 
Elena Fassanelli
10-05-2016

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Prevenzione e cura in agopuntura

25/2/2016

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Molte persone hanno sperimentato gli effetti positivi del trattamento con l'agopuntura su svariate patologie e vari tipi di disturbi. Una domanda che spesso viene posta all'agopuntore è quante sedute occorrono e quanto durerà la terapia. Orientativamente esiste un numero di sedute, un ciclo di agopuntura è composto da un numero non prastabilito ma personalizzato di sedute, sulla base dell'entità e del tipo del disturbo; e si tratta di cicli brevissimi di 4-5 applicazioni a cicli brevi di circa 6-8 applicazioni e un ciclo completo di 10 sedute. La frequenza con cui questi trattamenti possono essere fatti è settimanale o bisettimanale o anche di più, a seconda del tipo di situazione e della possibilità di risposta individuale.
Successivamente è possibile fare dei richiami, solitamente dopo un periodo di pausa di un paio di settimane o 3, tutto sempre calcolato in base alla patologia del paziente e della sua capacità/possibilità di risposta alla terapia; nell'ambito del primo ciclo solitamente si ottengono risultati evidenti. In seguito, la fase di richiamo consiste di 4-5 applicazioni, anche queste temporizzate sulla base della condizione del soggetto, ma in genere vanno distribuite nell'ambito della settimana. Questo complessivamente rappresenta un ciclo di agopuntura:  un insieme di trattamenti, una pausa e un richiamo.
Successivamente è possibile o interrompere il trattamento o continuare facendo richiami temporizzati mensilmenteo ogni 3 settimane. Questi richiami hanno una grossa potenzialità, quella di mantenere l'organismo sotto un effetto memoria, praticamente per  l'organismo un tempo di trattamento di 3 settimane corrisponde a mantenere l’80-90% dell'efficacia raggiunta dal trattamento durante un certo periodo di tempo; questa è rappresentata dalla tendenza dell'organismo a mantenere un effetto  memoria.
Nella mia filosofia di lavoro subentrano pratiche di tipo fisico-energetico, come Qigong e Taijiquuan, che io cerco di far condividere ai miei  pazienti, sia miei allievi che allievi altrui, questi trattamenti nascono come parte importante della terapia con la medicina cinese. In Cina esistono centri di riabilitazione e fisioterapia basati su Qigong e Taiji,; ci sono migliaia di casi studio sia  in ambito del trattamento di certe patologie sia in ambito del mantenimento di una forma fisica e qualità energetica molto elevata.
Quindi le prospettive si intersecano.
Oltre questi due fattori, mantenimento della terapia e una pratica fisica salutare è opportuno anche attuare cambiamenti nell'alimentazione, del tipo più sana e equilibrata magari anche in riferimento alla medicina cinese. Nell’insieme usare strumenti che si occupano della componente energetica (agopuntura), di quella muscolo-scheletrica (qigong e taijiquan) e di quella metabolica, dietetica, risulta ragionevolmente utile non solo al miglioramento della salute, ma al mantenimento di una alta qualità della vita.
Dott. Mario Picconi


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